Scoprire Verona giocando
Verona

Scoprire Verona giocando

Uno tra i miei posti preferiti a Verona si trova in una stradina vicina al Duomo, chiamata via San Giacomo alla Pigna. Da qui, in una delle zone medievali meglio conservate della città, si accede al piccolo sagrato di una chiesa romanica sconsacrata.

Non c’è luogo come questo, a mio modesto parere, che trasmetta in modo così diretto il passato di Verona. Purtroppo (o forse per fortuna) è una gioia riservata a pochi, perché di regola la porta metallica che dà sulla via è chiusa e si può solo intuire cosa si celi al di là, sbirciando dalla grata.

Questo piccolo gioiello nel cuore di Verona è però accessibile a tutti durante il Tocatì, il festival dei giochi di strada che, da ormai un decennio, ravviva l’inizio dell’autunno in città.

Non c’è altro evento a Verona che permetta di vivere davvero la città – e in particolare le sue piazze, anche quelle nascoste – come il Tocatì, che non a caso vive una popolarità crescente di anno in anno, con decine di migliaia di visitatori.

La filosofia di questo festival, il cui nome deriva da una espressione dialettale che significa “Tocca a te”, è allo stesso tempo molto semplice e molto originale. In tempi in cui anche i giochi, come buona parte delle nostre vite, sono diventati “virtuali”, in cui i migliori amici dei bambini sono sempre più lo schermo di un telefonino o di un computer, il Tocatì ha scommesso sui giochi antichi, di una volta, i giochi di strada, ormai dimenticati, quasi estinti, ma non per questo senza fascino se si crea il contesto giusto per farli apprezzare ai bambini e ai ragazzi di oggi.

E quel contesto è proprio il centro storico di Verona che, per un fine settimana, diventa “città aperta” ai giochi tradizionali. Trattandosi poi di un festival internazionale, ogni anno viene stretto un gemellaggio con un Paese o una regione del mondo diversa, e vengono ospitati nelle piazze della città anche i giochi tradizionali di quei luoghi (gli ultimi sono stati Messico, Ungheria, Catalogna e Cina).

Chiaramente, io sono affezionato ai giochi della tradizione italiana e, in particolare, di quella veronese, il più famoso (e praticato) dei quali è lo “s-cianco” (che in italiano viene comunemente  chiamato “lippa”). E’ un gioco antichissimo, con oltre 4mila anni di storia: con un bastone si solleva da terra un piccolo attrezzo di legno ricurvo e poi lo si colpisce al volo, facendolo volare il più lontano possibile. La squadra avversaria deve rilanciarlo indietro facendolo ricadere in un’area ben definita, in modo così da eliminare il battitore.

Di giochi come questo, per cui vanno matti gli adulti ancora più dei ragazzi, ce ne sono a decine. L’associazione Giochi Antichi di Verona, tutta formata da volontari, li ha catalogati con piglio quasi filologico: perché il Tocatì è il punto di arrivo di un profondo lavoro di ricerca che coinvolge anche Università e scuole.

Non di soli giochi vive il Tocatì che può essere l’occasione di vivere una città diversa da quella dei suoi luoghi turistici più famosi. E la piazzetta in via San Giacomo alla Pigna, dove durante il Tocatì viene allestita l’Osteria del Gioco, non è l’unico angolo da scoprire.

Un altro posto che durante il Tocatì si trasforma è lungadige San Giorgio. Da questa passeggiata pedonale lungo l’Adige, tra ponte Garibaldi e ponte Pietra, si gode forse la più bella vista sulla città antica, con il colle di San Pietro sullo sfondo. Di regola è un posto tranquillo, dove i veronesi fanno jogging e portano a spasso il cane. Ma nei giorni del festival, al calar del sole, diventa questo il luogo più frequentato della città: è qui, infatti, che ci si ritrova per cenare come in una grande festa popolare, con piatti e stuzzichini rigorosamente provenienti dalla tradizione.

E adesso “tocca a te”: perché in fondo il messaggio del Tocatì è che il gioco è fonte di conoscenza, cultura, condivisione, scoperta. Una lezione che vale sempre, non solo nei quattro giorni del festival. 

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